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A battesimo la terapia “Car-T”. Parte l’innovativa tecnica contro i linfomi aggressivi e leucemie linfoblastiche

21 Febbraio 2020


 

Il direttore Massimo Martino: «Siamo pronti e ci sentiamo responsabilizzati»

Traguardo importante per la sanità reggina che rientra adesso tra le eccellenze in tutto il Paese.

 

Fonte: Gazzetta del Sud del 19/02/2020. 

di Cristina Cortese

 

Il trattamento con cellule CAR-T, autorizzate dall'AIfa, per linfomi aggressivi e leucemie linfoblastiche, per i quali non esistevano alternative terapeutiche, oggi è realtà al Centro Trapianti Midollo Osseo (Ctmo) del Grande Ospedale Metropolitano, tra gli undici in Italia, di cui sei in Lombardia, ed il primo al Sud, dove si può attuare questa terapia innovativa.

C'è, già infatti, il primo paziente che a breve sarà sottoposto a questa prima forma di terapia genica e personalizzata contro il cancro che agisce direttamente sul sistema immunitario per renderlo in grado di riconoscere e distruggere le cellule tumorali (immunoterapie). Dunque, giorni intensi, per una sfida certamente importante, questi che accompagnano l'attività della bella squadra diretta dal dott. Massimo Martino, tra le eccellenze della sanità calabrese. «Sì, siamo pronti e ci sentiamo fortemente responsabilizzati. È una vera e propria rivoluzione scientifica che ha visto, per la prima volta, i clinici collaborare con una azienda farmaceutica per costruire un farmaco con la possibilità, quale novità assoluta, di utilizzare una terapia genica commerciale - spiega Massimo Martino. La produzione e la somministrazione richiedono una procedura complessa, che coinvolge specifiche figure professionali; è articolata in più fasi e il quadro clinico del paziente deve garantirne la stabilità fino al momento dell'infusione».

Ma cosa cambia rispetto alle terapie “convenzionali”? «Tantissimo- continua il dr. Martino. Le CAR-T permettono infatti di ottenere remissioni complete anche in fasi di malattia molto avanzate ed inoltre, a un anno dall'infusione, la maggior parte dei pazienti che ha ottenuto una remissione è ancora viva e libera da malattia. Ma, perché la cura sia effettivamente disponibile per tutti, serve compiere alcuni passi complessi quanto la tecnica che si propongono di governare. Si tratta-rileva il dott- Martino- dell'adattamento del sistema sanità a una terapia che non ha precedenti: un po' farmaco, un po' trapianto». Ma c'è un altro aspetto fondamentale. Non basta un grande reparto di Trapianto per seguire i pazienti trattati con CAR-T: occorre una struttura con molte competenze e che il Gom con le sue professionalità multidisciplinari riesce a garantire. Aggiunge il direttore: «Il personale sanitario del Ctmo (medici ed infermieri professionali) è fortemente impegnato nella realizzazione del nuovo programma, insieme ad ematologi (il dr. Bruno Martino, Francesca Ronco e Caterina Stelitano; i neurologi dell'equipe del prof. Umberto Aguglia e del dr. Luciano Arcudi; gli infettivologi diretti dal dr. Pino Foti), ed anestesisti (con a capo il dr. Sebastiano Macheda). Fondamentale rimane il ruolo del laboratorio di manipolazione cellulare, diretto dalla dr.ssa Giulia Pucci e della farmacia, con la sua direttrice Mariolina Altomonte. Certamente, il Gom, terminale di prima linea della filiera per il trattamento CAR-T, sarà chiamato a un cambio di prospettiva nella formazione del personale che dovrà gestire le cure assistenziali, individuando anche team e spazi appositi. La conseguenza logica potrebbe essere la creazione di una rete interregionale dedicata alla cura di questi pazienti con queste terapie attraverso protocolli condivisi».

Massimo Martino conclude così: «La sfida ora è che l'accesso alle due terapie Car-t sia tempestivo, equo, sicuro ed attento alla fragilità della persona eleggibile. Chi potrà accedervi è già provato dall'esperienza di diverse linee terapeutiche e vive la pressione del tempo, perché sa che la malattia non aspetta. Il poter effettuare questa terapia rivoluzionaria in Calabria, permetterà, inoltre un importante risparmio economico alle famiglie dei pazienti, non costretti ai cosiddetti viaggi della speranza, e soprattutto alla Regione che non dovrà trasferire il costo di questa cura (oltre 300.000 euro), in altri territori italiani. Ed è un successo per tutta la sanità reggina, e non solo».