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L’uso “diagnostico” dell’esame emocromocitometrico con l’impiego di tecnologie in fluorescenza in un caso di mononucleosi infettiva

26 Marzo 2019


Modafferi B., Latella V., Laganà C.

U.O.C. Laboratorio Analisi- G.O.M. “Bianchi-Melacrino-Morelli”- Reggio Calabria

 

CASO CLINICO

Settembre 2015: la paziente ( femmina, 15 anni) giunge in Pronto Soccorso per astenia e febbre persistente. Vengono eseguiti i prelievi di routine e i dati dell’emocromo inducono i clinici del PS a richiedere una consulenza ematologica. La paziente viene posta in osservazione presso la divisione di Ematologia per ulteriori approfondimenti diagnostici. Viene eseguito un ulteriore esame emocromocitometrico presso il laboratorio specialistico di Ematologia. Si osservano i seguenti valori : GB 10.480/mmc HGB 11.1 gr/dl PLT 125.000/mmc MCV 92/fl . Lo scattergram WDF mette in luce un cluster linfocitario piuttosto suggestivo che si estende lungo l’asse della fluorescenza. Il sospetto è quello di una possibile infezione di natura virale avvalorato quest’ultimo dalla valutazione degli indici di posizionamento linfocitari, LY-WX, LY-WY, LY-WZ, che indicano la disposizione delle cellule lungo il sistema di assi cartesiani dello scattergram.

Un’attenta analisi dei dati ricavati: LY-WX: 633 LY-WY: 1364 LY-WZ: 917 e la successiva valutazione morfologica rafforzano l’ipotesi di un insulto virale.

FIGURA 1 Modesta anisocitosi, linfociti ad abito monocitoide con citoplasma fortemente basofilo. Formula leucocitaria: N 15 L 80 M 5;(Modafferi-Latella).

 

I dati vengono comunicati al reparto che invia una richiesta al laboratorio di Microbiologia con risultati che non lasciano alcun dubbio:

Anti VCA IgG: 110 Anti VCA IgM: 160 e che confermano il sospetto diagnostico posto alla  prima interpretazione dell’emocromo. I dati cosi’ elaborati vengono comunicati agli ematologi che confermano la diagnosi di Mononucleosi evitando così alla giovane paziente un esame invasivo quale il puntato midollare.

 

DISCUSSIONE

La Mononucleosi è una malattia infettiva virale molto contagiosa, dovuta al virus di Epstein-Barr, appartenente alla famiglia degli Herpes Virus : virus a DNA a doppio filamento con simmetria icosaedrica.Caratteristica di questa famiglia di virus è quella di non abbandonare più l'ospite dopo la prima infezione, causando una cosiddetta infezione latente. Questa si verifica in un tempo variabile a seconda del tipo di virus e della sensibilità dell'ospite. Da tale stato di latenza il virus può riattivarsi, anche dopo molti anni, dando luogo a una recidiva della malattia. Gli stimoli che inducono il "risveglio" dell'attività virale possono essere il caldo, il freddo, i traumi, la febbre, gli stress e soprattutto le variazioni dello stato di difesa immunitaria dell'ospite. La replicazione e i processi di sintesi proteica avvengono totalmente all'interno del nucleo della cellula ospite. Studi recenti dimostrano che negli Stati Uniti e in Europa, circa il 50% dei bambini di 5 anni di età e quasi il 95% degli adulti ha contratto l’infezione da EBV. La maggior parte di queste infezioni determina sintomi simili a quelli del raffreddore o di altre malattie virali lievi. Talvolta, gli adolescenti e i giovani adulti sviluppano, per l’infezione da EBV, sintomi diversi e più gravi. In questo caso la malattia si chiama mononucleosi infettiva. La mononucleosi infettiva deve il nome alla presenza di un’elevata quantità di globuli bianchi di grandi dimensioni, linfociti attivati, nel torrente ematico. Gli adolescenti e i giovani adulti di solito contraggono la mononucleosi infettiva anche attraverso il bacio o attraverso il contatto intimo con soggetti affetti da EBV.

Come avviene per altri herpesvirus, dopo l’infezione iniziale l’EBV rimane nell’organismo, principalmente nei globuli bianchi, per tutta la vita. I soggetti infetti espellono periodicamente il virus nella saliva. Durante queste espulsioni, è più probabile che i soggetti trasmettano l’infezione ad altri, di solito senza sintomi. In rari casi, l’EBV contribuisce allo sviluppo di diversi tipi di tumori non comuni, come il linfoma di Burkitt e alcuni tumori del naso e della gola. Si ritiene che specifici geni virali alterino il ciclo di crescita delle cellule infette e le rendano tumorali passato. L’EBV può causare molti sintomi diversi tra loro, in base al ceppo virale interessato e ad altri fattori, attualmente ancora poco conosciuti. Nella maggior parte dei bambini al di sotto dei cinque anni di età, l’infezione è asintomatica. Negli adolescenti e nei giovani adulti può essere sintomatica o meno. Il periodo che intercorre tra il momento del contagio e la comparsa dei sintomi è di solito di 30-50 giorni. I quattro sintomi principali della mononucleosi infettiva sono:

 

  • Stanchezza estrema
  • Febbre
  • Mal di gola
  • Linfonodi gonfi

 

Non tutti i soggetti presentano questi quattro sintomi. In genere, l’infezione comincia con una sensazione di malessere generale e di affaticamento, che di solito è più grave durante le prime 2 o 3 settimane, ma può durare più a lungo. Questi sintomi vaghi sono seguiti da febbre, mal di gola e linfonodi gonfi. La febbre generalmente raggiunge il picco di circa 39,5° C nel pomeriggio o in prima serata. La gola è spesso molto dolente e sul fondo della gola può essere presente materiale simile al pus. Più comunemente, si gonfiano i linfonodi del collo, ma l’edema linfonodale può comparire ovunque. In alcuni soggetti, l’unico sintomo sono i linfonodi gonfi. In circa il 50% dei soggetti affetti da mononucleosi infettiva è presente un ingrossamento della milza. Nella maggior parte dei soggetti affetti, la milza ingrossata è asintomatica o causa sintomi modesti, ma è necessario tenere presente che la milza può essere a rischio di rottura se sottoposta a lesioni. Anche il fegato può ingrossarsi leggermente. In rari casi, si sviluppa ittero e talora si gonfia l’area attorno agli occhi. La durata dei sintomi varia. Dopo circa due settimane, i sintomi scompaiono e la maggior parte dei soggetti può riprendere le normali attività. Tuttavia, la stanchezza può persistere per diverse altre settimane e, occasionalmente, per mesi.

 

CONCLUSIONI

 

Discutendo il caso in esame appare di tutta evidenza l’imprescindibile, fondamentale corretta interpretazione dell’esame emocromocitometrico. L’utilizzo di analizzatori di nuova generazione consente ad un esperto laboratorista di collaborare con i clinici nella formulazione di una diagnosi specifica anche piuttosto complessa e/o di natura ematologica. Gli strumenti di nuova generazione, in uso presso il nostro laboratorio, sono dotati di canali di lettura in fluorescenza che generano grafici dove le cellule vengono disposte lungo un sistema di assi cartesiani in base alla maturità e relativa granulosità ed alla fluorescenza. Valutando i risultati del paziente in esame, si può osservare come le più avanzate ed innovative tecnologie di analisi ad oggi disponibili in campo ematologico, garantiscano un continuo progredire della ricerca e dello sviluppo garantendo così la scelta dei metodi più idonei in grado di assicurare analisi accurate ed informazioni utili nella diagnostica ematologica.

 

BIBLIOGRAFIA

Atlante di Ematologia clinica. H Begeman, G. Papa